Snodandosi per circa 700 metri, raggiunge l'area di Torre Selce al VII miglio dell'Appia Antica, dove, da un castellum aquae di ridistribuzione, si diramava il condotto sotterraneo di alimentazione della Villa omonima, situata un paio di miglia prima.
Esso costituiva probabilmente una diramazione dell'acquedotto dell'Anio Novus, che già sfruttava le imponenti strutture del Claudio, ma poteva trarre alimentazione direttamente dalla grande piscina limaria al VII miglio della via Latina, nella zona dell'attuale Ippodromo delle Capannelle.
L’acquedotto è una struttura in conglomerato cementizio ad arcate su piloni di forma quadrangolare con lato di 1,5 metri circa (5 piedi romani), rivestito da paramento laterizio e ghiere di scarico in mattoni bipedali. Per effetto dei crolli totali di alcuni piloni e di porzioni di arcate, il monumento oggi è diviso in settori fisicamente distinti e dello speco idraulico vero e proprio resta solo pochi tratti del fondo in malta idraulica “a cocciopesto”.
La demolizione di questo, l’abbattimento di alcune arcate e la richiusura di alcune luci degli archi con murature in blocchetti di peperino, potrebbero essere interventi da ricondurre al campo fortificato realizzato durante l’ultima guerra gotica dalle milizie di Vitige (537 d.C); è noto che questi, assediando Roma, chiuse le arcate di tratti degli acquedotti Claudio e Marcio con terra e “pietra”, realizzando di fatto un fortilizio naturale in cui fece accampare non meno di settemila uomini, al fine di bloccare l’afflusso di rifornimenti all’Urbe dalla via Appia e dalla via Latina.
Nella primavera del 2015 si è deciso di intervenire con il consolidamento e la messa in sicurezza del secondo tratto della costruzione, costituito da nove piloni e otto arcate, a cui oggi è possibile accedere per ammirare da vicino questa meraviglia dell’ingegneria romana.