Il complesso archeologico sul quale sorge la basilica medievale di San Clemente, collocato nella vallata racchiusa tra i colli Celio e Oppio e a poca distanza dal Colosseo, fu riportato alla luce durante i lavori di scavo iniziati nel 1857 dai Padri Domenicani Irlandesi, ancora oggi rettori della basilica. In tale occasione si scoprì, al di sotto della basilica medievale del XII secolo, quella paleocristiana, in uso dal IV secolo fino al 1099, che si impostò su edifici di età classica.
Allo stato attuale partendo dal livello più basso di questa complessa stratificazione, si individuano strutture murarie pertinenti a due edifici imperiali di diversa funzione.
La prima costruzione è costituita da un recinto rettangolare in opus quadratum a grandi blocchi di peperino, ascrivibile probabilmente all'età di Domiziano (81-96 d.C.), suddiviso in scomparti interni realizzati in opus mixtum (fasce di laterizio alternate a opera reticolata). Gli ambienti avevano in origine anche dei soppalchi lignei, raggiungibili tramite scale interne. La funzione di questo vasto complesso è incerta: fu probabilmente un grande magazzino destinato al deposito delle armi dei gladiatori che combattevano nel vicino Colosseo (Armamentarium secondo le fonti) oppure la Zecca (Moneta) che sappiamo essere stata trasferita dall'imperatore Domiziano dal Campidoglio alle pendici del Celio.
Subito ad ovest di questo complesso, separata da un vicolo largo solo 80 centimetri, si sviluppa una costruzione in laterizio ad uso abitativo, un'insula o più verosimilmente una domus, costruita tra la fine del I secolo e l'inizio del II secolo d.C. su precedenti strutture della prima età imperiale distrutte dall'incendio del 64 d.C. Nell'atrio di questo edificio nella seconda metà del II secolo d.C. fu allestito un santuario Mitraico (Speleum o Spelunca) preceduto da un vestibolo, che probabilmente ospitava gli iniziati al culto di Mithra che frequentavano la vicina Scuola Mitraica, situata in un altro ambiente dello stesso caseggiato. Il Mitreo restò in funzione fino al 384, ovvero fino all'epoca della consacrazione della basilica, che al momento della edificazione andò a coprire l'intero edificio a blocchi di peperino ed estese porzioni dell'edificio in laterizio, obliterando anche l'aula mitraica.
La nuova basilica sfruttò per i muri perimetrali quelli già esistenti di una vasta aula per la sinassi cristiana realizzata in età severiana al primo piano della costruzione in opera quadrata, già colmata al piano terra di pietrame e detriti agli inizi del III secolo per prevenire problemi di allagamenti e umidità. L'abside della chiesa fu ricavata sfondando al centro la parete orientale della casa del Mitreo.
La basilica di san Clemente fu consacrata da Papa Siricio nel 384, in occasione della promulgazione dell'Editto di Tessalonica che riconosceva la religione Cristiana come l'unica ammessa entro i confini dell'Impero. La prima menzione ufficiale è in una epistola di papa Zosimo databile al 417, in cui egli ricorda una "Sancti Clementi basilica" come sede di una assemblea. Si trattava di una chiesa a tre navate, divise da due file di colonne, con abside semicircolare, pentafora d'ingresso, quadriportico adiacente al nartece. Gli scavi più recenti condotti da F.Guidobaldi hanno permesso di ricostruire un Titulus completo anche di Secretarium, Consignatorium (l'ambiente in cui veniva amministrato il sacramento della Cresima) e di battistero a vasca ovale per immersione.
Papa Giovanni II (533-535) dotò la basilica di una schola cantorum marmorea, smantellata al momento dell'abbandono della basilica nel 1099 e ricollocata nella basilica superiore, dove ancora oggi è possibile osservare il monogramma del pontefice scolpito sulle balaustre.
Nell'Alto Medioevo, dopo aver asportato le pitture a finto marmo ancora risalenti al tardo impero, la chiesa fu decorata con nuovi affreschi: tra questi, la più antica decorazione risalente all'VIII secolo si trova all'interno di una nicchia della navata destra e mostra una Vergine in trono con Bambino e Sante, probabile trasformazione di un affresco ancora più antico (epoca di Giovanni II?) ritraente inizialmente Teodora, la moglie dell'imperatore Giustiniano. Risalente all'868-869 è l'affresco a destra dell'altare con la raffigurazione della Anastasi, ovvero la discesa di Cristo al Limbo per liberare le anime dei giusti morti prima della venuta del Redentore, che ornava la tomba di San Cirillo, morto a Roma nell'869 e sepolto proprio in San Clemente.
Verso la fine dell'XI secolo, in seguito ai danni provocati dall'incendio che devastò la basilica durante l'invasione della città da parte dei Normanni di Roberto il Guiscardo (1084), l'edificio fu rinforzato chiudendo gli intercolumni delle colonne pericolanti lungo il nartece e la navata centrale, con contrafforti in laterizio. Sulle nuove superfici furono realizzate celeberrime pitture con scene tratte dal Liber Pontificalis e leggende medievali dei Santi Clemente ed Alessio. Nel 1099 si decise l'abbandono della antica basilica a causa dei numerosi problemi strutturali, e la demolizione della stessa all'altezza dei capitelli delle colonne. Sulla colmata di detriti così ottenuta fu ricostruita la nuova basilica, ad una altezza di 5 metri rispetto al livello pavimentale antico, riutilizzando in gran parte i vecchi muri perimetrali come fondazione. La basilica del XII secolo ricevette un analogo impianto a tre navate, un atrio, un protiro tuttora molto ben conservato e fu impreziosita con uno splendido mosaico nel catino absidale, con ogni probabilità copia fedele dell'antica decorazione musiva dell'abside paleocristiana.
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